Anno VII N. 29 Luglio - 2014

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Ieri ed Oggi

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"Dal dizionario all'autore, una giornata di studio su Lorenzo Rocci"

Devo confessare che non avevo mai collegato il Rocci, cioè il famoso vocabolario greco-italiano, alla persona dell’autore. Me ne sono sempre servito come prezioso strumento di lavoro da studente e poi da docente. Ed ora che sono “in tutt’altre faccende affaccendato”, questo dizionario mi tiene compagnia nei momenti che riesco a dedicare – raramente, ahimé!- agli amati classici greci. E mi aiuta, oggi come ieri, a capire e a gustare anche i passi di più difficile interpretazione, per l’abbondanza di fraseologia che correda ogni singola parola. Posso dire che il Rocci - intendo ancora, per metonimia, il vocabolario- è il compagno di una vita spesa - almeno in parte - nello studio e nell’aiutare gli altri a studiare. Mi riferisco a quella schiera di giovani, ormai adulti, che sono passati nelle aule scolastiche del Liceo in cui sono stato prima ordinario di lettere classiche e poi preside. Mi capita di incontrarne alcuni, che mi assicurano di conservare ancora il Rocci, magari a disposizione dei figli studenti. Grazie a Dio, il Liceo classico non è ancora scomparso! Il Rocci, quindi, come prima il Bonazzi, viene usato di generazione in generazione. Pure mio padre, professore e poi preside anche lui, ora novantenne, a suo tempo lo aveva passato a me e a mio fratello, anzi lo utilizzavamo tutti e tre fino al momento della separazione. Sapevo chi era Bonazzi, il cui vocabolario nel frattempo era diventato un volume raro da biblioteca. Me ne parlavano i monaci anziani del monastero da cui provengo, monaci che a loro volta ne avevano sentito parlare da confratelli che nella seconda metà del secolo XIX erano vissuti con Benedetto Bonazzi, abate della Badia di Cava de’ Tirreni e poi arcivescovo di Benevento, nominato cardinale in punto di morte. Ma di Rocci autore non sapevo ancora nulla, fino a quando, poco tempo dopo il mio insediamento a Farfa, mi recai per la prima volta a Fara Sabina, capoluogo del comune di cui ero diventato cittadino. Varcato l’arco di ingresso alla piazza, la porta della città, scorsi una lapide in latino altisonante: “Laurentius Rocci S. J. …” Non vi dico la commozione che provai. Dunque Lorenzo Rocci, humanarum litterarum praeclarissimus (sic!) magister, era gesuita ed era nato a Fara nel 1864. Naturalmente anch’io, come l’anonimo autore della lapide, mi sentivo orgoglioso di essere diventato concittadino del Rocci e contento di aver finalmente conosciuto almeno i tratti salienti della personalità del famoso autore del “mio” vocabolario greco-italiano: eiusque nomen per aevum honestat! Ma le sorprese non finirono qui. L’anno scorso fui invitato ad una cerimonia presso il Liceo classico e scientifico di Passo Corese, la frazione ormai più popolosa e più attrezzata del comune di Fara. Nell’occasione il Preside Lamura, anche lui farense di adozione, annunciò che la Scuola era stata intitolata, unica in Italia, proprio a Lorenzo Rocci. Ci mancava però ancora qualcosa che mettesse meglio in luce il Rocci, intendo l’autore, e lo facesse conoscere di più a me e, a questo punto, agli stessi alunni del Liceo. Quindi attivai il motore di ricerca di internet e trovai poche notizie, tra cui quella che mi colpì di più: il dizionario era stato il frutto della fatica trentennale “unius viri”, fino all’edizione definitiva del 1943. Ma non rimasi soddisfatto. Finalmente un altro intervento provvidenziale. Nel mese di dicembre venne da me il dottor Stefano Ciavatti, noto oculista e presidente del Rotary Club di Poggio Mirteto, per fissare la data di una celebrazione per i rotariani in Basilica e per chiedermi se ero d’accordo ad organizzare un convegno su Lorenzo Rocci in Abbazia. Aveva sfondato una porta aperta! Ed ecco che dopo le feste natalizie partì subito la macchina organizzativa, con il coinvolgimento del Liceo di Passo Corese e dell’Amministrazione comunale. Si è così fissata la data di sabato 28 marzo per una cerimonia articolata nel modo seguente. La mattina all’ingresso del plesso scolastico che ospita le classi di Liceo classico si scoprirà una lapide, offerta dalla Fondazione Cremonesi. Nel pomeriggio ci sarà il convegno nella sala Schuster dell’Abbazia, con vari interventi, coordinati dal giornalista Francesco Vergovich, e con due relazioni fondamentali sulla figura e l’opera del Padre Lorenzo Rocci, rispettivamente da parte del Padre gesuita Max Taggi, che lo ha conosciuto di persona, e del prof. Remo Bracchi, ordinario di glottologia. Finalmente ne saprò di più e mi affezionerò di più anche al vocabolario, potendolo collegare con l’autore. Un religioso, come il Bonazzi, che ha prodotto qualcosa di grande, rimanendo nell’ombra, come tutti i religiosi che da sempre hanno fatto grandi cose, non per sé, ma per un servizio agli altri e per la gloria di Dio. Un giorno anche il dizionario del Rocci diventerà un volume raro da biblioteca. Forse è stato già superato dal GI, composto con le più moderne tecnologie da trenta ricercatori coordinati dal prof. Montanari (altro che i trent’anni di un unico studioso con sola penna e calamaio!). Ma il mio Rocci no, quello che mi regalò mio padre quando lo lasciai per andare in monastero, il mio Rocci non si riempirà di polvere. Mi farà ancora compagnia nei rari momenti che potrò ancora dedicare agli amati classici, come dicevo sopra. Sarà, insieme con la Bibbia, il conforto della mia vecchiaia, fino a quando raggiungerò in cielo il suo autore, “ad caelites evectus” nel 1950, come si legge sulla già citata lapide affissa.

Autore: D. Eugenio Gargiulo

09/03/2009