Anno VII N. 29 Luglio - 2014

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La finestra sul cortile

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CENTOCINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA: QUANDO LA PAROLA “ONORE” AVEVA UN SENSO

Quest’anno il festival di Sanremo sarà ricordato non tanto per le sue canzoni, ma soprattutto perché è grazie ad un comico, Rober to Benigni, che con la sua entrata tr ionfale a cavallo, simile ad un garibaldino, in un’ora di spettacolo, ci ha fatto r itrovare l’orgoglio italiano e non solo. Il suo intervento sui 150 anni dell’unità d’Italia si è r ivelato una lezione di storia raccontata alla sua maniera, quasi ci parlasse di una favola. Ha spiegato parola l’inno di Mameli, ricordando anche Michele Novaro, che mise in musica i versi. Giuseppe Massimi, il fondatore della Giovane Italia, davanti alla salma di Goffredo Mameli, mor to giovanissimo all’età di 22 anni, disse “hai vissuto troppo poco, ma abbastanza per essere un grande”. Mameli trasformò in strofe la voglia di liber tà che si respirava in quel per iodo. Ritornando ad oggi, per i 17 marzo 2011 non tanti erano d’accordo a celebrare questa ricor renza, soprattutto da par te della Lega Nord. Infatti il ministro Calderoli ha parlato di “pura follia”. Tuttavia for tunatamente l’amore per la nostra patria unita da 150 anni ha avuto la meglio. Le celebrazioni sono avvenute in tutta Italia. A Roma le manifestazioni sono state di ogni genere: dalla danza al teatro, dalle proiezioni luminose lungo via dei For i Imperiali e fino al Gianicolo dove ci sono la statua di Gar ibaldi e il cimitero dei Gar ibaldini. Ovunque ha sventolato un’unica bandiera, ha vinto il tricolore. In quel gior no l’Italia si è r itrovata, poiché l’unificazione ha rappresentato una fase storica straordinaria, e perché è il 17 marzo 1861 che l’Italia affermò di essere libera. Persino il presidente degli Stati Uniti, Obama ha voluto incoraggiare tutti gli americani a sapere di più sull’Unità d’Italia, e a rendere omaggio a tutti questi patr ioti. Per la r icor renza, le scuole hanno espresso la loro sensibilità con iniziative che proseguiranno per tutto l’anno. In un periodo di così tanta confusione e di divisione politica, è un bene r icordare con orgoglio le vicende risorgimentali. Uomini d’onore come Cavour, Massimi, Garibaldi e Mameli sicuramente avrebbero rispettato l’articolo della Costituzione Italiana, dove, ne cito solo una par te, “i cittadini cui sono affidate le funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”. Ed oggi quali potrebbero essere chiamati uomini d’onore? E’ difficile dirlo se aprendo un quotidiano qualunque gli argomenti che troviamo riguardano i festini di Arcore, i processi di Berlusconi o il baciamano di Gheddafi. La parola “onore”, diventa così un termine antico, fuori dall’uso comune. Senza retorica, gli uomini di ier i, di quell’epoca erano idealisti con un sogno comune: la liber tà e l’unificazione dell’Italia, quelli di oggi sono pronti solo a difendere la propr ia poltrona senza alcun ritegno. E domani? Cosa ci aspetterà domani? Lorenzo de’ Medici consigliava: “Chi vuol esser lieto sia, del domani non v’è cer tezza”.

Autore: a cura di Angela Longobucco

21/04/2011