Anno VII N. 29 Luglio - 2014

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Dentro L'Abbazia

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l’icona della madonna di farfa protagonista di una mostra ministeriale

l’icona della madonna di farfa protagonista di una mostra ministeriale

l’icona della madonna di farfa protagonista di una mostra ministeriale

In questo numero:

melodie di natale 2012, un successo che travalica i confini provinciali
di Roberta Duranti

Se un giorno a Farfa arrivano i re magi
di Federica Frezza

Da pochi giorni sono state chiuse le porte della Sala Altoviti di Palazzo Venezia a Roma, dove è stata allestita, dallo scorso 12 novembre, la mostra “Tavole miracolose. Le icone medioevale di Roma e del Lazio del Fondo Edifici di Culto”. Tra le tavole era esposta anche l’Icona della Madonna di Farfa. È stata la prima esposizione che il Ministero dell’Interno ha dedicato al Medioevo ed è stata la prima in assoluto dedicata alle icone medioevali di Roma e del Lazio. La mostra ha avuto il merito di rendere visibili dei preziosi tesori che ad oggi, data la particolare collocazione nelle chiese che li ospitano, sono stati scarsamente fruibili al pubblico che dagli studiosi, i quali hanno potuto esaminarli direttamente soltanto in poche occasioni e mai in un numero così consistente. Le icone proposte sono quasi tutte mariane, tranne il San Francesco d’Assisi e il Cristo Sposo in micromosaico, e sono tutte di eccellente valore artistico e di notevole antichità. Afferiscono a un periodo che va dal VI al XIV secolo, permettendo così di ripercorrere gran parte dell’evoluzione dello stile e delle espressioni artistiche dalla tradizione greco-bizantina, alla medievale romana fino alla contaminazione con la pittura toscana. L’arco cronologico rappresentato dalle icone qui esposte costituisce, nel quadro della pittura su tavola medievale ad oggi conosciuta in Italia, uno dei più vasti ed al tempo stesso completi. Le icone, oltre ad avere grande importanza storico-artistica, hanno costituito e costituiscono tuttora un punto di riferimento fondamentale per la vita religiosa della comunità dei fedeli poiché molte di esse hanno nel tempo conquistato lo status di immagini miracolose. E come tavole miracolose a partire dalla metà del Seicento sono state insignite della corona che ne esprime solennemente il potere taumaturgico. Infatti, nell’ambito della Controriforma e della ripresa del culto mariano da essa particolarmente patrocinato, fu istituita, attraverso il lascito del conte Alessandro Sforza Pallavicini, presso il Capitolo di San Pietro, un’apposita commissione che valutava e decretava l’incoronazione delle immagini più venerate e ritenute miracolose, cerimonia cui spesso si accompagnava la deliberazione di uno specifico officio liturgico espressamente dedicato al culto delle stesse. In mostra, in un allestimento essenziale ma altamente evocativo ideato per l’occasione da Romina Cianciaruso e Cristiana Nuccitelli, si sono intrecciate le vicende storiche, artistiche, devozionali di queste opere, dando luogo a un’inedita collana di cui le singole opere costituiranno le più preziose perle. A garantire un percorso che sia al tempo stesso tematico e cronologico, sono state allestite quattro sezioni: la prima dedicata alla più antica icona di Roma: l’Imago antiqua di Santa Francesca Romana; la seconda all’Avvocata, che per tutto il Medio Evo è da reputarsi la Madonna dei romani per eccellenza; la terza a quelle tavole che attestano in modo esemplare il passaggio dall’icona all’immagine di devozione e, infine, la quarta all’Altarolo di San Gregorio Magno della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, un’opera composita in cui il valore iconico convive accanto a quello sacro, essendo al contempo immagine e reliquia. Nella terza sezione, legata al passaggio dall’icona all’immagine di devozione, è stata inserita la Madonna di Farfa, ancora oggi al centro di un acceso dibattito critico in riferimento alla provenienza, alla composizione, ma soprattutto alla datazione. Ora ubicata nella seconda cappella a destra della chiesa abbaziale, la Madonna ne ornava l’altare maggiore che, in seguito ai lavori intrapresi nell’area presbiteriale e alla scoperta delle preesistenze altomedioevali, fu demolito nel 1959-1960. Nella sua conformazione attuale, l’opera presenta una ricca manta d’ottone con quattro aperture circolari: quella in alto lascia a vista il volto della Vergine; quella al centro la testa del Bambino; e quelle in basso i volti di due angeli. La coperta reca una decorazione a volute vegetali con fiori e frutti e, sulla cornice inferiore, un’iscrizione con la data 1851. In origine era probabilmente ornata anche con ulteriori applicazioni, come lascerebbero pensare i fori praticati attorno alle aperture della Madonna e di Cristo. Fu realizzata da un orefice romano, undici anni dopo la coronazione dell’icona da parte del Capitolo del Vaticano. A promuoverne il sacro riconoscimento fu il card. Luigi Lambruschini, ultimo abate commendatario di Farfa, che personalmente provvide a tale ufficio il 10 aprile (o il 3 maggio) del 1840. L’icona, per le sue origini leggendarie, è stata ricondotta più volte all’Oriente cristiano, al pennello di san Luca e al V secolo. Altri l’hanno invece considerata genericamente di stile bizantino. Più accorto il sintetico giudizio di Palmegiani che, pur ritenendola della fine dell’- VIII secolo, vi nota «qualche rifacimento più tardo specie nei volti del Bambino e degli Angeli». Molti altri ancora sono gli studiosi che nel corso del tempo hanno proposto datazioni e attribuzioni, lasciando senza risposta tutti gli interrogativi che aleggiano intorno all’icona di Farfa. Soltanto opportune e rinnovate indagini diagnostiche e studi più circostanziati potranno offrire risposta. In primo luogo sulla consistenza materiale dell’opera che, per via della manta di ottone, è stata ritenuta un collage di frammenti. Un lavoro che sarebbe indirettamente datato al 1851, quando venne realizzata la coperta metallica. Tuttavia non sono note né le ragioni di tale intervento, compiuto a dieci anni dalla solenne incoronazione del 1840, né chi l’avesse proposto e realizzato. Il cardinale Schuster, nella sua Imperiale Abbazia di Farfa (1921), scrive che durante l’invasione francese del complesso monastico non furono «risparmiante neppure le cose più sacre, le Reliquie, l’antica icona bizantina della Vergine, le vesti sacerdotali e perfino le campane». Non è facile capire quale sorte avesse avuto l’immagine della Madonna, visto che altrove il futuro arcivescovo di Milano ne loda comunque l’antichità. “Sembra da escludere che fosse andata distrutta o danneggiata, anche sulla scorta delle immagini che della Madonna di Farfa si erano ampiamente diffuse. Che l’icona avesse una certa notorietà lo attesta già l’Indice delle stampe intagliate in rame, al buline & all’acqua forte di de Rossi del 1689 in cui è ricordata la «Madonna di Farfa col Bambino, mezze figure, intagliata al bulino in foglio reale. La composizione a mezzo busto “a vista”, già documentata nell’incisione menzionata alla fine del Seicento, pare costituire quindi la formulazione originaria dell’icona di Farfa, che fu rispettata – qualora i volti siano effettivamente dei frammenti più antichi – anche nel momento in cui venne realizzato il collage al di sotto della coperta metallica.” (da catalogo della mostra). Viene dunque da chiedersi se tale raffigurazione, di incerta datazione, potesse essere una replica più fedele rispetto alle incisioni, di norma più schematiche e meno ricche di particolari, della Madonna di Farfa che ornava l’altare maggiore della chiesa abbaziale. Si tratterebbe di un’iconografia che a questo punto potrebbe rievocare due famose miniature: la prima dell’XI secolo che decora la pagina di un salterio con l’immagine della Madonna, visibile ancora oggi nella sala espositiva della Biblioteca di Farfa Monumento Nazionale, e la seconda, degli inizi del XII secolo, che orna la pagina di dedica del Regesto di Farfa (Città del Vaticano, Biblioteca Vaticana, Vat. lat. 8487, fol. 12r), in cui l’autore, Gregorio da Catino, presenta il suo libro alla Vergine, raffigurata in trono con il Bambino benedicente e due angeli in alto. Tanti sono ancora gli interrogativi ai quali gli studiosi cercano di dare una risposta, sia attraverso basi stilistiche che documentarie. Nonostante ciò, l’icona della Madonna rappresenta una meta importante nel cammino di ogni pellegrino che giunge nella basilica farfense. È un’immagine devozionale, ma anche “rappresentazione di spettacoli misteriosi e soprannaturali”, come dice l’antica formula attribuita a Dionigi l’Areopagita.

Autore: Elena Onori

04/03/2013